mercoledì 2 dicembre 2009

Dei modi più eleganti di scendere dai tacchi. Jackie O, quintessenza di stile



Uno stile inconfondibile quello di Jackie O. Fatto di pochi, essenziali, dettagli. Eleganti, discreti, personalissimi. Che l'hanno fatta diventare protagonista assoluta del suo tempo. Ed anche di oggi, quando nella moda si riscopre il glamour anni Sessanta e il modello intramontabile di femminilità di Jackeline Kennedy-Onassis.
Per lei questo mercoledì Dei modi più eleganti di scendere dai tacchi.



"«Era dotata dello spirito più curioso che avessimo avuto nella nostra scuola in 35 anni, senza il quale forse non l’avrei tenuta in considerazione», scrive di lei la rettrice della Miss Chapin School, accanto al suo musino paffuto e infiocchettato. Del resto, anche prima di mettere piede nella più che prestigiosa istituzione (la retta di 575 dollari, pagata dal nonno, equivale al salario di un anno per milioni di americani durante la Grande Depressione), Jackie sapeva già leggere e scrivere, e amava la danza e l’arte. Cinque piccoli anni, insomma, ma già vissuti all’ombra di grandi tenute e appartamenti di lusso. Figlia della ricchezza della madre, Janet Lee, e del prestigio del padre, John Vernon Bouvier III, Jackie cresce lontana dai rigori della sua data di nascita (28 luglio 1929), tra salotti lussuosi e cavalli di razza.

(...)

"Una gran voglia di scrivere e fare la giornalista, parte per Parigi, e sarà fotoreporter del Washington-Time-Herald.
Eccola in redazione, nel 1953, e in un ritratto con un’immensa macchina fotografica appesa al collo... Ma da lì a poco sarà lei a... fare da copertina. Galeotta una cena con a fianco JFK, la vediamo in vacanza nella residenza dei Kennedy. Un salotto d’estate, tutti e due a piedi nudi, sono già la coppia forte di un’America mitica e felice. E’ anche lei la forza del clan. La first lady («Non chiamatemi così! Mi fa pensare a un cavallo da corsa») che sostiene e condivide la popolarità del Presidente Kennedy. In visita ufficiale a Parigi, nel maggio 1961, Jack dichiarerà scherzoso ai giornalisti: «Non considero inutile il presentarmi. Sono l’uomo che accompagna Jacqueline Kennedy a Parigi...»".



Le perle al collo, i tubini color pastello senza maniche, il trucco naturale e le labbra mat, i pantaloni Capri e le infradito, i dolcevita, i foulards Hermès ad avvolgere con nonchalance i capelli, gli occhiali grandi e squadrati di Nina Ricci. Tutti particolari pieni di charme che ci rimandano subito con la mente al fascino di Jackie O.






Era lei che creava la moda. Gli stilisti si limitavano ad accontentare le sue richieste. Da Givenchy a Chanel, da Balenciaga a Valentino. A Oleg Cassini, "il sarto di Jackie" per definizione dal 1961.



Oggi Gucci tributa nuovi onori a Jackeline: dopo aver creato negli anni Cinquanta la borsa che diventò la preferita della nostra icona d'eleganza - e per questo ricordata come "la Jackie" - per la collezione autunno-inverno 2009 la casa di moda fiorentina ha creato la ‘New Jackie’.



Ha affrontato con stile anche i rovesci della fortuna. Era a Dallas il giorno dell'omicidio del Presidente: resta famosa la sua immagine con il piccolo John John mentre saluta il feretro del marito. Non una lacrima dietro il velo nero, il dolore portato con dignità e vissuto solo in privato. Il London Evening Standard scrisse: «Jacqueline Kennedy ha dato al popolo americano una cosa che gli era sempre mancata: la maestà».

2 commenti:

Antonio ha detto...

Cara Silvia,
vista l'impronta profonda degli eventi cui prese direttamente e indirettamante parte, mi sono sempre chiesto se essa stessa, coi cognomi e i vestiti non avesse cambiato pure più vite. Viene quasi da domandarsi: ma c'era solo lei allora?
Certo, fu il simbolo di un'epoca piena di grandi slanci, alte passioni e profonde ambiguità. E come da bambina, almeno in pubblico, sembrò a volte attraversare tragiche macerie con vesti di seta senza esserne imbrattata.
Nata negli altrettanto ambigui e paradossali roaring twenties, mi viene facilmente l'accostamento a chi meglio di tutti ne incarnò, letterariamente, gli aspetti più elegantemente decadenti. E mi scuso se forse l'ho già nominato, non ricordo..
Parlo di Jay Gatsby, il personaggio creato da Scott Fitzegerad. Tante vite, tante apparenti possibilità di riscatto.
"c'era in Gatsby qualcosa di splendido, una sensibilità acuita alle promesse della vita"..
Quella luce verde sempre davanti agli occhi che "allude a nuove potenzialità, nuove frontiere, la nuova vita che ci attende dietro l'angolo..".
E a chi gli contastava che il passato non torna, lui rispondeva tranquillo: Non si può ripetere il passato? Ma certo che si può".
Tante vite vuo dire tanti sogni davanti a sè? O piuttosto dietro?
Come Gatsby, Jackie rappresenta con la sua vita un mito moderno o coincide con la fine del sogno americano?
Non saprei, senz'altro fu affascinante sotto ogni punto di vista.

Concludendo: Gatsby credeva nella luce verde, il futuro orgiastico che anno per anno indietreggia davanti a noi. C'é sfuggito allora, ma non importa: domani andremo più in fretta, allungheremo di più le braccia ... e una bella mattina... », ognuno coi suoi sogni, presenti oppure già passati.

silvia ha detto...

Mi piace moltissimo questo abbinamento, antonio caro.

hai ragione, luci ed ombre.
molto contrastata la vita di jackie, anche lei, come tutte le nostre dame, adorata, ricordata, riprodotta e scimmiottata, oppure osteggiata, al centro di scandali veri o presunti, tradita.

mi piace pensarla, come il tuo gatsby, con le braccia aperte al sogno...quello che magari mai si realizzerà, ma che accompagna i nostri giorni e li rende degni di essere vissuti.

ti abbraccio e ti ringrazio, come sempre, per la tua sensibilità.