venerdì 26 giugno 2009

LA FINESTRA SUL VIGNETO...appuntamento col salotto del venerdì su DiVINando in compagnia di Chiara e David Riondino


La finestra sul vigneto, il salotto del venerdì su diVINando.

Con il desiderio di rendere sempre più vivace e dinamico il confronto nel salotto virtuale di diVINando, ho pensato, da gennaio 2008, di aprire il mio blog ad interventi esterni, invitando amici, colleghi, appassionati di vino ed arte, a dire la loro sull’universo enoico, scambiandoci pareri e consigli. Stimolando la riflessione, muovendo l’ anima.

Il salotto dell’ultimo venerdì di ogni mese, dove accogliere le persone e, come in un autentico angolo intimo della casa, soffermarsi, rilassarci, parlare, godendo di un momento di familiarità.

Immagino di incontrare i miei ospiti sul divano del Biancospino, il mio rifugio qua nella Tenuta di Cerreto Guidi. Un appartamento ricavato nel pagliaio della Villa, dal quale lavoro al pc, rimesto la mia uva nel bicchiere, come un alchimista con i suoi alambicchi, e, da una grande finestra tutta vetro, osservo le vigne che degradano dolcemente a valle…


Il primo amico che ha diviso con me il divano del Biancospino è stato il produttore Francesco Zonin. A febbraio il giornalista e degustatore Fabio Rizzari, co-curatore, insieme ad Ernesto Gentili, della Guida Vini d’Italia de L’Espresso. A maggio il Presidente di Save the childrens Italia Claudio Tesauro.

Ed il giugno della cerimonia del concorso letterario di Villa Petriolo 2009 accoglie, con mio immenso piacere, l’ironia e la passione di David Riondino e Chiara Riondino, della cui amicizia e disponibilità mi onoro per la terza edizione del concorso letterario di Villa Petriolo “S’io fossi…vino”. Chiara e David sono due dei prestigiosi giurati che hanno decretato la vittoria del racconto "Com' i' sono fui" di Giselda Campolo.


Da sinistra: Chiara Riondino, la vincitrice Giselda Campolo, gli attori Andrea Giuntini, Andrea Vagnoli e Nicoletta M. Loisi durante "Qulla naturale inclinazione", la cerimonia di premiazione del concorso letterario di Villa Petriolo 2009.


David Riondino artisticamente nasce con la generazione dei cantautori degli anni Settanta; giovanissimo, debutta al teatro Zelig di Milano e comincia un percorso professionale che lo porta ad esplorare quasi tutte le forme di comunicazione. Sfuggito, grazie alla sua poliedricità, ai più comuni cliché artistici, definisce l'intellettuale “una persona fisica, che comunica, che partecipa, che sa trasformare la sua esperienza in qualcosa che serva anche agli altri, che non trasforma il sapere in potere, che ha un'idea sentimentale del comunicare” ed è alla ricerca di un nuovo linguaggio, “la perfetta commistione tra musica, scrittura e disegno”. Gli ultimi spettacoli realizzati da David, infatti, rappresentano sempre di più la scelta di un teatro all'insegna della commistione di generi fra poesia, satira, testi classici più o meno noti e musica dal vivo (eseguita anche con complessi bandistici o gruppi di strumentisti jazz o classici): tra i tanti, il “Trombettiere di Custer”, con Antonio Catania Enrico Rava e Stefano Bollani; “L'Inferno” prodotto da I Magazzini, con Sandro Lombardi; “Il poema di Garibaldi”, dall'autobiografia in versi di Giuseppe Garibaldi; “La buona novella” di Fabrizio De Andrè, uno dei progetti speciali, di rilevanza nazionale, allestiti con i corpi bandistici.




Con quel suo modo di vivere e cantare da donna assolutamente libera dalle maglie del mercato discografico, Chiara Riondino si è sempre tenuta alla larga dai riflettori di una facile notorietà, forte della sua unica, pura, sensibilità di musicista: “Mi guardo intorno e metto in musica le mie impressioni. Le parole prendono forma per dare un senso alle cose della vita e del mondo”.
Come tutti quelli della sua generazione, è cresciuta alla scuola della canzone popolare e di impegno civile, fin dai tempi del collettivo Victor Jara, insieme a suo fratello David, nella Firenze degli anni Settanta. Chiara è una a cui è sempre piaciuto suonare dal vivo, faccia a faccia con la gente. “La musica è qualcosa che si condivide sempre con gli altri. Io, poi, a cantare e suonare da sola mi annoio”. Il suo percorso artistico si snoda tra Case del popolo, teatri e Feste dell’Unità, sempre armata solo di chitarra e voce, capace come pochi di raccontare e cantare con forza e chiarezza, per amore, per gioco e per protesta.





Chiara e David, grazie di aver accolto il mio invito e benvenuti su diViNando!

Riondini, alcuni temi a noi cari: il viaggio, la parola, la musica, il sogno, il vino.


David, abbiamo letto di recente un tuo struggente ricordo delle notti passate con Fabrizio De André, che descrivono l’atmosfera che si viveva nel viaggio, nei trasferimenti tra uno spettacolo e un altro. Le tue parole, molto intense, dicono: “…il nostro era un accompagnarsi affettuoso nel viaggio dentro un paese, un viaggio dentro un popolo…”. In Italia mille paesi, mille anime, mille vini e mille modi di berlo? Quanto il caleidoscopio-vino racconta di questo paese, di questo popolo? Come lo racconta a voi?

David: Buona domanda. In effetti dopo gli spettacoli, in parti diverse d’italia, capita di rimanere a cena con chi ci invita, e col pubblico. Tra le prime cose che ti offrono c’è il vino del luogo: quindi, altre a identificare iun paese, è anche un simbolo di ospitalità, e di scambio con chi viene da fuori.



Chiara, in Italia il vigneto è parte del paesaggio, è frutto, è colore, ma bere è anche condividere e socializzare, le osterie e i ritrovi con il bicchiere in mano. Tu canti con intensità straordinaria il gesto del bere. Anche questo è l’inizio di un viaggio?

Chiara: Certo che sì, un viaggio mai in solitaria, però!La condivisione è indispensabile altrimenti si rischia l'autocommiserazione, l'estraneazione dal mondo e da se stessi.

David, tu sai bene che la milonga non è altro che Habananera dei poveri. Sai che in fondo la milonga, oltre all’accezione comune usata per definire il due quarti del ritmo musicale, nasconde in sé il concetto di...parola.

Il tuo mestiere, quello di Chiara, vive dell’invenzione della parola che si trasforma ad ogni passaggio dalla pronuncia all’ascolto, dalla scrittura alla lettura, dall’evocazione alla percezione. Non pensate che anche il vino sia evocazione, scrittura, pronuncia di un messaggio che ha origini lontane, il sole, la terra, la pianta, e che ognuno fa proprio con il gesto povero, semplice e musicale, del bere?

David: Ardito paragone. Ma azzeccato. Viene in mente che il vino è, nell’ebbrezza controllata, una delle porte della scrittura. Il vino richiama le muse, crea un contatto con Dioniso, che a sua volta fa arrivare gli altri dei piu o meno amici. L’aedo demodoco, nell’odissea, è ritratto con del vino. Il vino è uno degli elementi strategici del poema di Omero, e non solo di Omero. E a sua volta le definizioni del vino, quando ne parlano i sommeliers, sono assai letterarie. Diciamo che vino e parola sono forme diverse di una stessa liturgia. La messa non è un caso.

Chiara: Mio nonno, quando inaugurava il primo vino della sua vendemmia, ne versava due dita nel bicchiere, lo metteva contro luce e poi lo centellinava dopo aver schioccato la lingua al primo sorso. Un sorriso impercettibile sottolineava la sua soddisfazione: tutto si era compiuto. Un rito silenzioso, essenziale, non retorico, vero e bello nella sua semplicità. Più che cantautrice mi sforzo di essere un' interprete intellettualmente e sentimentalmente onesta, cerco di mettere in pratica l'esempio che lui mi ha dato.


Da Dioniso alla creazione della tragedia, dal sangue di Cristo ai riti pagani, dalla poesia della seconda metà dell’Ottocento fino a Bukowski: che ruolo ha il vino nella cultura, nella vita di chi ogni sera diventa qualcos’altro su un palco? Cosa nasconde il vino dentro a se stesso per essere diventato un così astorico da resistere nei millenni?

David: Non nasconde niente. Semplicemente inebria. Unisce all’atto del bere quello del modificarsi dello stato psichico. La qual cosa è una ricerca costante di ogni civiltà. Soprattutto se permette un rientro relativamente rapido allo stato di ragionevolezza. Diciamo che è la porta più controllabile per una passeggiata fuori di sé. Naturalmente, ci vuole una certa grazia.

Chiara:
No...no...questa domanda è troppo colta, non so cosa rispondere se non che, forse, le cose sono più semplici di quanto si creda: il vino è buono e ciò che è buono permane....punto e basta. E poi io sul palco non divento qualcos' altro.


Cari Riondini, chi crea e recita, come voi, vive come se stesse sognando, condanna privilegio. Visto che la figura geometrica del rombo sembra di interesse, giochiamo in questa intervista di tipo “futurista” a mettere gli elementi del sogno, del vino, del viaggio e delle parola – e della loro interpretazione – ai quattro vertici di questa figura. Cosa sono per voi questi quattro elementi?

David: Chi beve parla, chi ascolta sogna e tutti e due viaggiano.

Chiara: Telegraficamente ti dirò: il sogno è energia vitale, il viaggio è conoscenza, la parola è il rivelarsi, il vino lo preferisco rosso.

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